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giovedì 15 novembre 2007

Di una bottega, del suo sarto e di una poesia...

Qualche tempo fa cercavo un bel paio di guanti, caldi, di buona fattura. Così mi sono recato in una sartoria artigianale che usa solo tessuti di origine naturale e davanti alla quale ero passato numerose volte senza aver mai tempo di entrare.

Dopo aver chiuso la porta, salutato dal dolce suono di alcuni campanelli appesi allo stipite, mi sono guardato intorno...All'interno del negozio il tempo sembrava essersi fermato: gli scaffali, su cui erano morbidamente adagiati i capi d'abbigliamento, erano in legno di un bel colore marrone non troppo scuro come anche la scrivania e tutti gli altri mobili presenti, infondendo il cliente di una calda accoglienza; la luce penetrava dalla porta in legno attraverso larghi quadrati di vetro, proiettando sul pavimento in granito una lunga scacchiera e, riflettendosi in esso, si diffondeva in tutto l'ambiente; nell'aria regnava una calma e un tranquillo silenzio, rotto soltanto dal rumore della macchina per cucire nel retrobottega: un'atmosfera così lontana dalla frenetica vita di città, fatta di rumorose automobili che sfrecciavano veloci e persone frettolose, che invece si trovava appena fuori del negozio...

Il sarto stava lavorando nel retrobottega ma mi ha accolto nel suo negozio con un sorriso e un cortese "Buongiorno, mi dica!". Poi, senza darmi il tempo di rispondere, dopo aver notato la mia giacca e il mio cappello, mi ha chiesto raggiante: "Ma lei è un musicista?" Io ho sorriso e modestamente ho risposto che in fondo erano solo pochi mesi che prendevo lezioni di violino e che proprio musicista non mi si poteva chiamare...lui allora mi ha guardato severo, rimproverandomi per la scarsa auto-stima che avevo dimostrato e ha cominciato un lungo discorso sulla musica, sui compositori e sulla filosofia...

Non so per quanto abbiamo parlato: le parole erano pronunciate con calma ed erano dettae dall'esperienza...sembrava che il tempo lì non avesse peso e così, mentre la scacchiera di luce si allungava sul pavimento, il nostro discorso è andato avanti...ogni tanto un granello di polvere ci volteggiava intorno curioso di ascoltare ciò di cui stavamo parlando...

Alla fine, come dopo essersi risvegliati da un sogno, ci siamo improvvisamente accorti che era passata da un pezzo l'ora del pranzo e quindi mi sono apprestato a malincuore a salutarlo, contento di aver conosciuto una persona così pacata, socievole e disponibile al dialogo...lui allora è corso nel retrobottega e mi ha regalato un foglio su cui era stampata una poesia di Veronica A. Shoffstall:

Dopo un po'

Dopo un po' impari
La sottile differenza che esiste tra
Tenere una mano e incatenare un'anima
E impari che l'amore non significa appoggiarsi
E la compagnia non sempre significa sicurezza.

E inizi ad imparare
Che i baci non sono contratti
E i regali non sono promesse
E inizi ad accettare i tuoi fallimenti
A testa alta e con lo sguardo rivolto in avanti
con la grazia di una donna
E non con il dolore di un bambino

E impari
A fondare tutte le tue strade oggi
Perché il terreno di domani
E' troppo incerto per fare progetti
E i futuri hanno un modo tutto loro
Di crollare a metà volo.

Dopo un po' impari
Che perfino la luce del sole brucia se ne prendi troppa
Quindi pianta il tuo giardino
E decora la tua stessa anima
invece di aspettare
Qualcuno che ti porti dei fiori.

E impari
Che tu puoi veramente sopportare
Che sei veramente forte
Che tu veramente ne vali la pena
E impari e impari
Con ogni addio impari...

©
1971 Veronica A. Shoffstall

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